" 100 ANNI DALLA NASCITA 1912 - 2012 "
arte, scultura e pittura di Ubert Piacco
Ubert Piacco, art, la sculpture et la peinture
Ubert Piacco - E' nato a Joudreville (Francia) nel 1912.
Ubert Piacco
Descrizione inedita dell'artista
Giuseppe Tedeschi (giornalista)
Ciò che sarà dato sarà reso. A Ubert Piacco saranno rese molte cose.Anche se solo le stesse che sta dando. La sua scultura è tutta un dono. È una natura, una forza.
Non è facile fare un discorso di tale natura. Esistono inibizioni e paure, digressioni e perplessità, tautologie e incertezze. In un’epoca di effati e di eloquenza, di infiltrazioni e depauperamenti, di compagine e raggruppamento.
A chi sarà solo sarà data la sua compagnia. A Ubert Piacco sarà data una vera compagnia. Gli spetterano la storia e la certezza. Chi dice che bisogna mostrarsi e chiaitare per vincere e allegrarsi? Chi dice che la vittoria e l'allegria siano la storia e la certezza? A Goia e Caravaggio mancarono vittorie e allegrie, a Hoelderlin e Campana mancarono vittorie e allegrie.
L’apodissi e la menzogna bastano a dare vittorie e allegrie. Chi più avrà di vittorie e di allegrie meno avrà di storia e di certezza. È scritto.
A Piacco mancano vittorie e allegrie. A Piacco non mancheranno la storia e la certezza. La sua scultura è vittoria e allegria. Essa la sua compagnia, la sua danza.
Chi dice che volessero compagnia Modigliani e Van Gogh o volessero compagnie Walt Witmann e Franz Kafka? Non diciamo che la storia non ci insegna queste cose. Non chiamiamo solitudine la morte. La storia ci dice se morremo.
Ubert Piacco è l’artista più “ scoperto”, più solo, più mortificato che abbia conosciuto. Ubert Piacco rimarrà nella nostra storia. In quella storia dove i furbi non rimarranno. Solo gli Artisti, i Pazzi e i Bambini potranno eternamente rimanervi. I furbi hanno avuto l’allegria e l’ottimismo.
Ciò ci dice l’opera di Ubert Piacco. Le sue costruzioni, i suoi giochi, le sue antenne e tralicci, le sue spade e le sue croci – quante spade, quante croci per una sola solitudine – i suoi abbracci, i suoi amori (“La confianza” di Goya perché mi torna in mente? La “Lettera a Fabrizio Clerici” di Sinisgalli perché mi torna in mente?), le sue lotte, i suoi “ritmi”, i suoi “equilibri”, i suoi crocefissi, la tristezza dei suoi danzatori, dei suoi equilibristi, la fissità dei suoi galli, la rassegnazione.
Ubert Piacco avrà ragione di tutti questi elementi. Glielo ho già detto. Avrà ragione anche della sua serietà della unicità dei suoi pezzi, della sua solitudine. Gli ho detto che lo ritengo un grande artista e che vorrò dirlo in qualche mio articolo. Ha schivato la prima affermazione, mi ha vietato di attuare la seconda. In un clima di inopia spirituale e di temperie intellettiva friabile o dispersa le lezioni di Ubert Piacco dovrebbero indurci a riflettere. Anche se non fossero le lezioni di un grande artista quale egli sicuramente è.
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Mostre: Negli anni 40 presentò i suoi primi lavori in mostre collettive - Quadriennale a Torino 1947 – Palazzo Chiablese Torino 1949 –
Biennale di Padova 1955 - Fontanella Roma 1957 (personale) – Galleria Portonovo Roma 1957 (personale)- Cannes 1957 – Panatlon Firenze 1958 – Premio Avezzano 1958 – Rassegna Figurativa di Roma 1958 - Rassegna Arti Figurative di Roma e del Lazio presso
il palazzo delle esposizioni 1959 - Biennale Triveneta Padova 1959 – Mostra di Chieti 1959 – 2 Biennale Premio Sardegna 1959 – Promotrice Torino 1961 – Freie Muncherer Monaco 1961 – Figurative Review di Rome 1961 - Palazzo Venezia di Roma 1962 - Y.M.C.A. (Young Men Christian Association) personale 1963/1964 – Sindacato Romano 1968 – Vegna Stampa 1969 – Premio Marino Mazzacurati Teramo 1970 -
Mostra Arteviva 1970 - Personale Catania 1971 - Mostra d'arte internazionale per la Pace nel Mondo, Città di Frosinone 20 giugno 7 luglio 1974-
XII Quadriennale nazionale d'arte Torino 1974.
Giuseppe Tedeschi (giornalista)
Ciò che sarà dato sarà reso. A Ubert Piacco saranno rese molte cose.Anche se solo le stesse che sta dando. La sua scultura è tutta un dono. È una natura, una forza.
Non è facile fare un discorso di tale natura. Esistono inibizioni e paure, digressioni e perplessità, tautologie e incertezze. In un’epoca di effati e di eloquenza, di infiltrazioni e depauperamenti, di compagine e raggruppamento.
A chi sarà solo sarà data la sua compagnia. A Ubert Piacco sarà data una vera compagnia. Gli spetterano la storia e la certezza. Chi dice che bisogna mostrarsi e chiaitare per vincere e allegrarsi? Chi dice che la vittoria e l'allegria siano la storia e la certezza? A Goia e Caravaggio mancarono vittorie e allegrie, a Hoelderlin e Campana mancarono vittorie e allegrie.
L’apodissi e la menzogna bastano a dare vittorie e allegrie. Chi più avrà di vittorie e di allegrie meno avrà di storia e di certezza. È scritto.
A Piacco mancano vittorie e allegrie. A Piacco non mancheranno la storia e la certezza. La sua scultura è vittoria e allegria. Essa la sua compagnia, la sua danza.
Chi dice che volessero compagnia Modigliani e Van Gogh o volessero compagnie Walt Witmann e Franz Kafka? Non diciamo che la storia non ci insegna queste cose. Non chiamiamo solitudine la morte. La storia ci dice se morremo.
Ubert Piacco è l’artista più “ scoperto”, più solo, più mortificato che abbia conosciuto. Ubert Piacco rimarrà nella nostra storia. In quella storia dove i furbi non rimarranno. Solo gli Artisti, i Pazzi e i Bambini potranno eternamente rimanervi. I furbi hanno avuto l’allegria e l’ottimismo.
Ciò ci dice l’opera di Ubert Piacco. Le sue costruzioni, i suoi giochi, le sue antenne e tralicci, le sue spade e le sue croci – quante spade, quante croci per una sola solitudine – i suoi abbracci, i suoi amori (“La confianza” di Goya perché mi torna in mente? La “Lettera a Fabrizio Clerici” di Sinisgalli perché mi torna in mente?), le sue lotte, i suoi “ritmi”, i suoi “equilibri”, i suoi crocefissi, la tristezza dei suoi danzatori, dei suoi equilibristi, la fissità dei suoi galli, la rassegnazione.
Ubert Piacco avrà ragione di tutti questi elementi. Glielo ho già detto. Avrà ragione anche della sua serietà della unicità dei suoi pezzi, della sua solitudine. Gli ho detto che lo ritengo un grande artista e che vorrò dirlo in qualche mio articolo. Ha schivato la prima affermazione, mi ha vietato di attuare la seconda. In un clima di inopia spirituale e di temperie intellettiva friabile o dispersa le lezioni di Ubert Piacco dovrebbero indurci a riflettere. Anche se non fossero le lezioni di un grande artista quale egli sicuramente è.
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Mostre: Negli anni 40 presentò i suoi primi lavori in mostre collettive - Quadriennale a Torino 1947 – Palazzo Chiablese Torino 1949 –
Biennale di Padova 1955 - Fontanella Roma 1957 (personale) – Galleria Portonovo Roma 1957 (personale)- Cannes 1957 – Panatlon Firenze 1958 – Premio Avezzano 1958 – Rassegna Figurativa di Roma 1958 - Rassegna Arti Figurative di Roma e del Lazio presso
il palazzo delle esposizioni 1959 - Biennale Triveneta Padova 1959 – Mostra di Chieti 1959 – 2 Biennale Premio Sardegna 1959 – Promotrice Torino 1961 – Freie Muncherer Monaco 1961 – Figurative Review di Rome 1961 - Palazzo Venezia di Roma 1962 - Y.M.C.A. (Young Men Christian Association) personale 1963/1964 – Sindacato Romano 1968 – Vegna Stampa 1969 – Premio Marino Mazzacurati Teramo 1970 -
Mostra Arteviva 1970 - Personale Catania 1971 - Mostra d'arte internazionale per la Pace nel Mondo, Città di Frosinone 20 giugno 7 luglio 1974-
XII Quadriennale nazionale d'arte Torino 1974.
Fontanella - Roma 1957
Cannes 1957 - Esposizione al Palais Des Festivals
Mostra d'arte plastica ispirata dallo sport - Firenze 1958 - medaglia d'oro
Freie Muncherer - Monaco 1961
Palazzo Venezia .- Roma - Mostra d'arte contemporanea 27 aprile - 15 maggio 1962
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Galleria ARTEVIVA Via Goffredo Canalis 12 - Torino 18 - 30 novembre 1970
Sui neri profili di un lontano mondo, erompono forme meravigliose e sconosciute: è un quadro ed una premonizione insieme, se tutta l’opera che seguirà sembrerà dischiudersi nel segno di un prodigio.
Ubert Piacco sembra penetrare nel mondo con queste forme, scoprendo che esiste una città incantata. Attorno si alzano vulcani spenti, all’interno si agitano animali assurdi crescono vegetazioni inaudite. Così una lunga favola si snoda, di cui ogni quadro è un capitolo.
Di certo ha dipinto queste opere restando in ascolto di una voce interiore e segreta che, via via, porta ad un approfondimento della immagine, secondo le esigenze del sentimento emotivo e della sua sensibilità nell’interpretarlo.
Il gesto, che esprime velocemente sulla tela o sulla carta il fulmineo tumulto di una solitudine, si dilata al fine di captare una totalità movimentata.
Sulla superficie del quadro, un numero indecifrato di tracce e segni, serve per instaurare una dialettica tra la loro impronta e la vastità spaziale.
Ne consegue che il segno e l’animo, lanciati nello spazio della violenza del gesto, strappano e trascinano l’uomo ed il mondo.
Vale l’osservazione di Harnold Rosemberg: “ciò che si realizza sulla tela, non è un quadro ma un evento”.
L’attimo troppo a lungo considerato, tende ora a ridursi per non essere quasi compreso nel lungo tempo storico.
In tal modo la pittura di Ubert Piacco si può considerare emotiva, in quanto ha valore solo nel momento in cui egli esprime con violenza tutta la sua carica vitale.
Ed è allora che l’opera, al di la delle suggestioni, ci sembra più vera, anzi più umana, perché la sua arte è un violento legame tra l’astrazione (quella pura) e la propria personalità emotiva.
Nei suoi quadri, tale è la ferocia dell’accento che non sembra trattarsi più dell’espressione di una emozione soggettiva, ma di una pura allusione così diretta ed imponente da assumere un significato drammatico: probabilmente, “fa” dell’eleganza, ma quella vera, appena sorge si brucia, si eclissa.
Rimane solo una labile traccia, per indicare un evento ormai “morto”. In questo caso, Ubert Piacco si rende cosciente di esprimere la vera condizione dell’uomo, cioè non più un rapporto imperniato su un qualsiasi “credo”, ma un rapporto specifico, fisico e di azione: l’uomo non solo viene a trovarsi in contatto con una realtà quanto mai vasta, ma soprattutto con una realtà vera, perché si potrà ottenere il vagabondaggio dell’anima.
Possiamo anche vedere nella velocità dell’opera, immagini e forme che scompaiono velocemente lasciando dietro di loro tracce indelebili. Se “entriamo” nel quadro, galleggeremo su un vasto spazio, sempre incerti e spinti da un capo all’altro.
Quando si crede di aver trovato finalmente un appiglio, questo ci viene meno, e se lo inseguiamo, sfugge alla presa, scivola dalle mani e s’invola in una fuga eterna.
Come rimediare?
A questa domanda credo che Ubert Piacco abbia risposto in maniera assai semplice: vagando per altri mondi alla ricerca del disimpegno totale, cioè la vera liberazione dell’anima.
C. Lavorino 1970
Ubert Piacco sembra penetrare nel mondo con queste forme, scoprendo che esiste una città incantata. Attorno si alzano vulcani spenti, all’interno si agitano animali assurdi crescono vegetazioni inaudite. Così una lunga favola si snoda, di cui ogni quadro è un capitolo.
Di certo ha dipinto queste opere restando in ascolto di una voce interiore e segreta che, via via, porta ad un approfondimento della immagine, secondo le esigenze del sentimento emotivo e della sua sensibilità nell’interpretarlo.
Il gesto, che esprime velocemente sulla tela o sulla carta il fulmineo tumulto di una solitudine, si dilata al fine di captare una totalità movimentata.
Sulla superficie del quadro, un numero indecifrato di tracce e segni, serve per instaurare una dialettica tra la loro impronta e la vastità spaziale.
Ne consegue che il segno e l’animo, lanciati nello spazio della violenza del gesto, strappano e trascinano l’uomo ed il mondo.
Vale l’osservazione di Harnold Rosemberg: “ciò che si realizza sulla tela, non è un quadro ma un evento”.
L’attimo troppo a lungo considerato, tende ora a ridursi per non essere quasi compreso nel lungo tempo storico.
In tal modo la pittura di Ubert Piacco si può considerare emotiva, in quanto ha valore solo nel momento in cui egli esprime con violenza tutta la sua carica vitale.
Ed è allora che l’opera, al di la delle suggestioni, ci sembra più vera, anzi più umana, perché la sua arte è un violento legame tra l’astrazione (quella pura) e la propria personalità emotiva.
Nei suoi quadri, tale è la ferocia dell’accento che non sembra trattarsi più dell’espressione di una emozione soggettiva, ma di una pura allusione così diretta ed imponente da assumere un significato drammatico: probabilmente, “fa” dell’eleganza, ma quella vera, appena sorge si brucia, si eclissa.
Rimane solo una labile traccia, per indicare un evento ormai “morto”. In questo caso, Ubert Piacco si rende cosciente di esprimere la vera condizione dell’uomo, cioè non più un rapporto imperniato su un qualsiasi “credo”, ma un rapporto specifico, fisico e di azione: l’uomo non solo viene a trovarsi in contatto con una realtà quanto mai vasta, ma soprattutto con una realtà vera, perché si potrà ottenere il vagabondaggio dell’anima.
Possiamo anche vedere nella velocità dell’opera, immagini e forme che scompaiono velocemente lasciando dietro di loro tracce indelebili. Se “entriamo” nel quadro, galleggeremo su un vasto spazio, sempre incerti e spinti da un capo all’altro.
Quando si crede di aver trovato finalmente un appiglio, questo ci viene meno, e se lo inseguiamo, sfugge alla presa, scivola dalle mani e s’invola in una fuga eterna.
Come rimediare?
A questa domanda credo che Ubert Piacco abbia risposto in maniera assai semplice: vagando per altri mondi alla ricerca del disimpegno totale, cioè la vera liberazione dell’anima.
C. Lavorino 1970
Alcune critiche
Emilio Villa: … questa indagine, operata in una terminologia che non è più polemica, porta la sua scultura a ragionare per simboli ed emblemi spaziali, quasi volesse concludere nell’orbita di un’araldica molto solenne, molto impegnata. Porta a ricercare sintomi espressivi nella mente medesima del grande fantasma naturale… Porta a chiedere alla congiura degli ordini dati e descritti dalle forme naturali i nuclei della forma inventata, il senno dei puri pensieri plastici, dei ritmi…
Valerio Mariani: … scultore irrequieto giunto ad un’espressione ridotta al semplice arabesco nello spazio: queste forme sembrano divorate dalla velocità…
Franco Tosi: … scultura per certo verso sconcertante senza appigli esteriori, il risultato di idee inquietanti e vivaci.
Antonio Marasco: ...Ubert Piacco si serve di un nuovo impianto tematico libero da ogni vincolo e da ogni preziosismo…
Luigi Mosciano: … le cui forme in movimento hanno una resistenza forte allo spazio che risulta bloccato in effusione ritmica, sintesi di forme in evoluzione…
Fides Stagni: … egli è libero, spazia senza compromessi forme che esposte fantasticamente, esprimono o si agitano o danzano…
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Hermes studio d'arte via Margutta n.54 - Roma - dal 15.2.1973 al 28.2.1973
Don Francisco Goya y Lucientes e Ubert Piacco
Don Francisco Goya y Lucientes e Ubert Piacco
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PIACCO
13-25 marzo 1971
Catania-Galleria YMCA corso Umberto 134
UBERT PIACCO
ESPLOSIONI PITTORICHE IMPREVEDIBILI
Non più matematica delle forme, né deformazione; non più presupposti metodici, né concessioni scientifiche……………….La luce che modella i vuoti e i pieni di queste opere si lega spontaneamente alla misura in un costante equilibrio…………………….; assistiamo così a un incontro tra equilibrio dinamico ch’è distruttivo e costruttivo insieme con una partitura della composizione consapevole, qualificata, apodittica e non priva di sostegni formali.
Così lo spazio, il tempo e la luce sono liberi e sicuri da ogni contradizione e lontani da ogni incaglio poliferante…………….esplosioni pittoriche imprevedibili e assistiamo al rinnovarsi del loro incantesimo sotto l’azione degli elementi che ne costituiscono le strutture.
da presentazione di
Antonio Marasco
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ESPLOSIONI PITTORICHE IMPREVEDIBILI
Non più matematica delle forme, né deformazione; non più presupposti metodici, né concessioni scientifiche……………….La luce che modella i vuoti e i pieni di queste opere si lega spontaneamente alla misura in un costante equilibrio…………………….; assistiamo così a un incontro tra equilibrio dinamico ch’è distruttivo e costruttivo insieme con una partitura della composizione consapevole, qualificata, apodittica e non priva di sostegni formali.
Così lo spazio, il tempo e la luce sono liberi e sicuri da ogni contradizione e lontani da ogni incaglio poliferante…………….esplosioni pittoriche imprevedibili e assistiamo al rinnovarsi del loro incantesimo sotto l’azione degli elementi che ne costituiscono le strutture.
da presentazione di
Antonio Marasco
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Mostra d'arte internazionale per la Pace nel Mondo - Città di Frosinone 20 giugno - 7 luglio 1974
XII Quadriennale nazionale d'arte - Torino 5 novembre 30 novembre 1974
arte, scultura e pittura di Ubert Piacco
Ubert Piacco, art, la sculpture et la peinture
Ubert Piacco, art, la sculpture et la peinture